beata Cecilia Eusepi

Cecilia nasce il 17 febbraio 1910, a Monte Romano, provincia di Viterbo, dove è anche battezzata. Mamma Paolina rimane vedova quando Cecilia ha appena 45 giorni, e deve presto trasferirsi a Nepi presso il fratello Filippo, che è per la bambina un vero papà.

Mamma Paolina e zio Filippo per garantire a Cecilia una migliore educazione l’affidano alle monache Cistercensi di Nepi. Per Cecilia, che ha 5 anni, è una gradita sorpresa quella di trovare altre amiche come lei e soprattutto monache che con amore e serietà si prendono cura della sua crescita e non si turbano della sua vivacità.

L’avvenimento che segna a caratteri d’oro il rapporto di Cecilia con Dio è il giorno della sua prima Comunione, il 2 ottobre 1917. Ella fu preparata con infinito amore dalle monache. Con Gesù Eucaristia nel cuore, in un afflato d’ardore e devozione , Cecilia promette: “Caro Gesù, piuttosto che offenderti, fammi morire. Gesù te lo prometto, sarò tua, per sempre tua“. Con queste parole intendeva consacrare al Signore l’intera sua esistenza nella vita claustrale.

Cecilia conosce i frati Servi di Maria perché sono i confessori del Monastero. Alcune letture e la grande devozione verso la Vergine Addolorata, di cui si considera la “beniamina”, la spingono a far parte del Terz’Ordine dei Servi di Maria, nel quale fa la sua promessa il 17 settembre 1922, iniziando la sua ascesi sui passi dei Sette primi Padri.

“Da piccola ricordo che mi nascondevo in coro, sotto l’altare della Madonna Addolorata, chiudevo gli occhi e mi rappresentavo all’immaginazione tutta la passione di Gesù, e piangevo tanto, nello stesso tempo godevo, provavo una gioia che non so esprimere. Allora ero piccola, non pensavo che tutto quel dolore era causato dal peccato e dall’amore, e così le mie non so se chiamar le meditazioni, non producevano in me che la compassione, ma adesso, uno sguardo solo al Crocifisso, basta per accrescere in me l’orrore al peccato e l’amore   a Gesù“.

Ma il progetto di Dio non corrisponde ai desideri di Cecilia. L’aggravarsi di una malattia ai polmoni e all’intestino la costringe a lasciare, dopo otto anni, il monastero e a ritornare a casa. È l’anno 1923.

Cecilia, ormai tredicenne, si iscrive all’Azione Cattolica; così la domenica può recarsi a Nepi, ed assistere alcune bambine, facendole giocare e conducendole a confessarsi nel primo pomeriggio, realizzando il progetto di fondo dell’Associazione: preghiera, azione, sacrificio.

“Molte sono le anime che desiderano amare Gesù, ma non lo amano perché non sanno cosa voglia dire «amore». Credono che l’amore consista in quel senso di tenerezza che provano pregando, se lo figurano tutto sdolcinatezze, come s’ingannano! Non sanno che il vero amore è il sacrifizio.“

“Amare vuol dire sacrificare a Gesù la nostra propria volontà, i nostri desideri anche ottimi, dimenticare noi stessi, anzi obliare noi stessi per seguire la Sua SS. Volontà.“

“Gesù, da chi lo ama, vuole il sangue del cuore, che io credo, sia ben più doloroso del sangue del corpo.”

Il suo desiderio di consacrarsi a Dio non è svanito, anzi quanto mai rafforzato. Non ostante le opposizioni di Mamma Paolina e dello zio Filippo, finalmente il suo sogno diventa realtà.

Il 16 Novembre 1923 Cecilia viene accolta nella casa madre delle Suore Mantellate Serve di Maria di Pistoia, dove prosegue la sua formazione scolastica e, nei mesi estivi assiste i bambini dell’asilo.

Per frequentare il primo corso delle Complementari (Medie) Cecilia viene assegnata, con alcune compagne, a Zara in Dalmazia, dove arriva il 23 ottobre 1924 dopo 31 ore di viaggio. L’aria non salubre la obbliga a ritornare a Pistoia l’anno seguente.

Cecilia è felice.

Nel suo cuore persiste l’anelito a emettere il voto di vittima, mai a lei concesso dal confessore. In sostituzione di quel voto, la notte di Natale del 1925, Cecilia si offrirà come “pallina nelle mani di Gesù“, perché sia lui a gestire la sua vita.

“Come si è divertito Gesù con la Sua piccola pallina! Chissà che ancora un poco e poi la riprenda fra le sue mani   e se la stringa al cuore per non lasciarla più? Chissà che non sia vicino il tempo di celebrare le nozze eterne col Re dei Vergini? Se ciò fosse, come sarei felice!” 

Da quel momento inizia il travaglio che condurrà Cecilia alla tomba.

A causa di un sostanziale peggioramento della salute, su indicazione dei medici, la giovane viene accompagnata in famiglia, a Nepi, alla fattoria “La Massa”.

È il 10 ottobre 1925. Il dolore è lacerante, ma offerto senza lamenti.

Il giorno seguente Cecilia partecipa alla S. Messa celebrata nel convento di S. Tolomeo e Romano, e qui per la prima volta incontra un giovane sacerdote, che diventerà il suo nuovo direttore spirituale fino alla morte: p. Gabriele M. Roschini.

Il P. Gabriele intuisce il travaglio interiore e le necessità spirituali di Cecilia e le promette di portarle ogni settimana la S. Comunione.

Da quel momento l’anima mia subì una trasformazione meravigliosa; cominciò ad irrobustirsi, fino al punto che nulla può più abbatterla.”

“Ho detto tante cose a Gesù, e la principale è questa, che mi dia la follia dell’amore, che si prenda tutto questo mio cuore piccolo, ma pur tanto grande, poiché soltanto Dio lo può riempire, saziare. Gli ho detto che mi faccia morire piuttosto che dare uno solo dei palpiti del cuore alle creature senza avere Lui di mira.. Ho dato tutto a Gesù e sono felice, mi sento leggera, leggera…”

Il giorno della solennità dell’Immacolata dell’anno 1926, P. Gabriele non solo le porta la comunione, ma l’autorizza anche ad emettere i voti privati di povertà, castità e obbedienza, quei voti che da tanto tempo ormai rappresentavano il sogno della sua consacrazione a Gesù.

Ad iniziare dal 29 Maggio 1927, P. Roschini, le chiede di tracciare il racconto della sua vita nelle pagine della Storia di un Pagliaccio, poi di scrivere un Diario, che sarà interrotto venti giorni prima della sua morte.

Da tali scritti traspare una maturità spirituale non comune per una giovane della sua età.

Nei mesi invernali del 1928 serpeggiano in paese calunnie in riferimento alla famiglia Eusepi.

L’atteggiamento di Cecilia rimane fortemente evangelico.

È tanto bella la legge del perdono! Piuttosto che perdonare i miei nemici, io mi sento l’obbligo di ringraziarli, poiché mi hanno dato e mi danno ancora tante belle occasioni di cantare il mio amore a Gesù.

La mia riconoscenza per questi sarà eterna, prego sempre per la santificazione delle loro anime”.

“La conoscenza del mio nulla mi ha portato alla conoscenza di Dio, e questa conoscenza mi ha spinto ad amarlo. Vedendolo tanto amabile, l’amarlo è diventato per me un bisogno, un martirio, una gioia, sento d’amarlo tanto, tanto, tanto. No, non m’inganno, sono pronta a tutto per il mio Dio, credo che sulla terra non si possa amare più di così”.

Il 29 luglio 1928 finalmente Cecilia emette il voto di vittima, autorizzata da P. Roschini. Sentendo ormai possima la morte così si esprime nel suo Diario:

“Nel pomeriggio sono andata a visitare la Madonna, Le ho detto con tutto il fervore: – Mamma mia, io ti amo tanto tanto, desidero venire presto lassù nel bel Cielo con te, aiutami tu a soffrire come tu soffristi.

Presto io morirò ebbene, metto nelle tue mani l’offerta della mia vita e le mie ultime ore, rinnovo quì, alla tua presenza ed ai piedi del mio Gesù, la mia offerta di vittima. Dì a Gesù che perdoni i miei peccati, dimentichi le mie infedeltà. Ti supplico di farmi morire in questo momento, quì ai tuoi piedi, piuttosto che offendere Gesù anche col minimo peccato volontario ed offuscare il candore dell’anima mia -“.

L’ideale di una vita spesa nel nascondimento, piccolezza e sacrificio per il bene della Chiesa e la salvezza delle anime, trova la sua ispirazione nella Storia di un’anima, di Teresa di Lisieux, alla quale Cecilia ricorre in continuazione, come per abbeverarsi a sorgente di acqua fresca e limpida.

Il 30 settembre 1927, Cecilia vede in sogno santa Teresa del Bambin Gesù che le dice, alzando l’indice della mano destra: “Hai un anno solo “.

Il 12 agosto 1928 in un altro sogno, in risposta al suo desiderio di farsi suora, le dirà: “ne hai già fatto abbastanza di probandato, a ottobre vestirai”.

La profezia puntualmente si avvererà: alla sua morte Cecilia chiede e ottiene di essere sepolta indossando l’abito religioso delle Suore Mantellate Serve di Maria di Pistoia.

Il 1 ottobre Cecilia lascia l’esilio terreno per ricongiungersi con Gesù e con l’Addolorata sua Madre, nel Regno dei Cieli.

Il suo corpo mortale riposa nella chiesa di San Tolomeo a Nepi.

Il 17 giugno del 2012, con una solenne cerimonia a Nepi, Cecilia è proclamata Beata.

(testo di fr. Tito M. Sartori o.s.m.)